“Oggettività nascoste”
Intrigante l’ultimo lavoro di Mario Caroni: “Oggettività nascoste”, intrigante e coinvolgente, sia per le cromaticità trovate sia per la pura fantasia messa in atto.
In questa rassegna, Caroni trasforma il carattere intrinseco di ciò che è oggetto annullando, anzi, trasformando l’intima natura della cosa rappresentata.
Le parti essenziali della forma e delle funzioni di ogni oggetto indagato vengono frantumate, spezzettate, disciolte in più piani visivi… un caos che però continua ad essere se stesso, gli oggetti mutano, ma non si distruggono.
Nell’osservare questa serie di foto e alla luce di quanto sopra detto, mi torna alla mente un enunciato di Antoine Lavoisier: «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.»
L’esposto di Lavoisier, strano a dirsi, trova conferma anche nella raccolta di foto immaginate e realizzate da Caroni… l’autore non crea nuovi oggetti né distrugge visivamente la realtà delle cose ritratte, ma trasforma il tutto, restituendolo poi sotto altra forma. E’ come se gli oggetti esaminati dall’autore romano passassero dallo stato solido ad un impalpabile stato gassoso, dalla condizione reale, vera, tangibile, al trasparire sotto nuova forma, di sogno, di visione onirica.
Oltre al piacere visivo che si prova durante la visione di queste foto, c’è da considerare l’importanza del metodo di ripresa… quando Caroni sceglie un oggetto, quando lo fotografa una, due, tre volte… tre scatti sullo stesso fotogramma, tre scatti da posizioni diverse, in realtà ricrea in chiave moderna quella che già fu l’intuizione del movimento d’avanguardia cubista nel lontano 1907.
Nelle opere cubiste, infatti, il soggetto è spezzato, analizzato e solo alla fine nuovamente assemblato in una forma astratta. Gli artisti cubisti, è noto, tendevano a ritrarre l’oggetto in un contesto più vario, raffigurandolo sulla tela da più punti di vista. Lo sfondo e i piani prospettici si compenetravano, creando un ambiguo spazio vuoto caratteristico del cubismo. Mario Caroni fa la medesima operazione, scatto dopo scatto si impossessa dell’oggetto, osservandolo da più punti di vista e tutte queste visioni convergono a comporre una nuova immagine, la sua immagine finale.
Roberto Zuccalà